C’era poi un bambino di circa tre anni che
veniva tutte le mattine, quando toglievo il burro dalla zangola per mangiarne
qualche noce. Io glielo davo in mano e lui lo mangiava, ma gli rimanevano le
mani unte. Ed io allora gli insegnavo a pulirsi nel grembiulino, ma lui mi
obiettava che la mamma lo avrebbe sgridato ed allora io gli avevo insegnato a
dire “Dio bela bestia, me lo ha detto il casaro”. Adesso comprendo che è stato
uno scherzo di cattivo gusto, sia per la volgarità, sia perché anche all’asilo
pronunciava spesso quella frase. Da allora sono trascorsi molti anni e mi è
rimasto il desiderio di rivedere quel bambino.
Nel
Marzo del 1963 sono andato casaro con la famiglia nel caseificio Osteriola di
Cibeno di Carpi. Nel caseificio lavoravano già due garzoni, Guagliumi Antonio e
Babbi Amerigo. I primi scherzi li abbiamo cominciati con il formaggio dentro
alla caldaia. Il formaggio, come è noto si deposita sul fondo, viene portato a
galla con una pala di legno, raccolto in un telo e poi diviso in due parti. Si
scommetteva su quale fosse la parte risultata un po’ più grande. Siccome però
la pesata avveniva nel pomeriggio, se mi ero sbagliato cambiavo parte alle
forme e così vincevo sempre io. La posta in gioco era un gelato che mi sorbivo
con grande disappunto della vittima di turno.
Un giorno di Agosto ho scommesso con Antonio
che il termometro non sarebbe salito oltre i 23 gradi Reamour, mentre secondo Antonio sarebbe arrivato oltre i 25. I
gradi Reamour sono usati dai casari per la cottura del formaggio. Quando, nel
primo pomeriggio mi sono accorto che il termometro aveva superato i 25 l’ho
infilato nell’acqua fredda e poi, dopo qualche minuto l’ho rimesso al suo posto
e con
Maria ci siamo messi a guardare dalla fessura della finestra.
Quando Antonio è arrivato è corso subito a controllare la temperatura e
scuoteva la testa stupefatto dalla temperatura che il termometro gli mostrava.
Io non sapevo trattenere le risa mentre mangiavo il gelato ed Antonio preso da
un momento di stizza diede un pugno sul tavolo, facendo incendiare una scatola
di fiammiferi lì vicino.
Ed adesso passo a raccontare di
un’esperienza piacevole con una cagnolina Laica che ci aveva portato Antonio.
Sembrava un cane educato in un circo. Era graziosa e furba e sapeva fare un
gran numero di mosse aggraziate e molto espressive. Se mangiavamo qualcosa, lei
ci metteva le zampine sulle gambe e chiedeva di essere servita. Se partivamo in bicicletta lei con un balzo
raggiungeva il suo seggiolino e veniva con noi. Era anche birichina. Mia moglie
non voleva che salisse sul letto, ma lei lo faceva lo stesso, con la complicità
di Emilia e si nascondeva sotto alle lenzuola. Quando Emilia rientrava da
Bologna lei correva alla corriera ad aspettarla. Quando ha partorito i suoi cuccioli sembrava
ce li volesse far ammirare per sentirci fare i complimenti. I cuccioli poi li
abbiamo dati ad alcune famigli amiche del vicinato e Laica ha continuato ad
andarli a trovare tutte le mattine. Insomma era un amore di cagnetta.
Quando abbiamo dovuto assistere alla sua
tragica morte è stato per noi un grande dolore. Gli operai stavano smontando
alcuni impianti elettrici del caseificio ed avevano gettato nel cortile un
rotolo di fili elettrici e metallici. Laica ci è passata sopra ed è rimasta
fulminata. Siamo subito corsi in aiuto, ma era già morta.
Qui finisce il mio racconto. Ora sto per
andare in montagna per il periodo estivo. Ringrazio tutti quelli che hanno
avuto la pazienza di leggere i miei scritti, che comunque sono stati un
passatempo per me.
Leone Sacchi Bologna
06/06/2013
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