lunedì 27 gennaio 2014

Gli anni più belli di una spensierata gioventù

  Negli anni che ho trascorso come casaro al caseificio Tresinaro avevo spesso contatto con vari bambini sui dieci anni e mi divertivo a fare loro degli scherzi. A volte li mettevo in riga per fare una corsa e poi, arrivato al due, non davo mai la partenza cosicché loro facevano delle false partenze e la corsa vera non arrivava mai. Altre volte quando frantumavo il ghiaccio da mettere nella zangola per fare il burro i ragazzini mi chiedevano di dargliene qualche scaglia. Mi domandavano dove dovevano metterlo per portarlo a casa. Ed io gli dicevo di metterlo in tasca e quando sei a casa lo fai friggere. Un altro scherzo che mi fa ancora ridere consisteva nella prova di stracciare la carta bagnata coi denti. Il primo bimbo che ha provato è rimasto stupito della facilità con la quale era riuscito in quella difficilissima impresa, forse senza neppure rendersi conto che si trattava di uno scherzo.

    C’era poi un bambino di circa tre anni che veniva tutte le mattine, quando toglievo il burro dalla zangola per mangiarne qualche noce. Io glielo davo in mano e lui lo mangiava, ma gli rimanevano le mani unte. Ed io allora gli insegnavo a pulirsi nel grembiulino, ma lui mi obiettava che la mamma lo avrebbe sgridato ed allora io gli avevo insegnato a dire “Dio bela bestia, me lo ha detto il casaro”. Adesso comprendo che è stato uno scherzo di cattivo gusto, sia per la volgarità, sia perché anche all’asilo pronunciava spesso quella frase. Da allora sono trascorsi molti anni e mi è rimasto il desiderio di rivedere quel bambino.

   Nel Marzo del 1963 sono andato casaro con la famiglia nel caseificio Osteriola di Cibeno di Carpi. Nel caseificio lavoravano già due garzoni, Guagliumi Antonio e Babbi Amerigo. I primi scherzi li abbiamo cominciati con il formaggio dentro alla caldaia. Il formaggio, come è noto si deposita sul fondo, viene portato a galla con una pala di legno, raccolto in un telo e poi diviso in due parti. Si scommetteva su quale fosse la parte risultata un po’ più grande. Siccome però la pesata avveniva nel pomeriggio, se mi ero sbagliato cambiavo parte alle forme e così vincevo sempre io. La posta in gioco era un gelato che mi sorbivo con grande disappunto della vittima di turno.

   Un giorno di Agosto ho scommesso con Antonio che il termometro non sarebbe salito oltre i 23 gradi Reamour, mentre  secondo Antonio sarebbe arrivato oltre i 25. I gradi Reamour sono usati dai casari per la cottura del formaggio. Quando, nel primo pomeriggio mi sono accorto che il termometro aveva superato i 25 l’ho infilato nell’acqua fredda e poi, dopo qualche minuto l’ho rimesso al suo posto e con

 

Maria ci siamo messi a guardare dalla fessura della finestra. Quando Antonio è arrivato è corso subito a controllare la temperatura e scuoteva la testa stupefatto dalla temperatura che il termometro gli mostrava. Io non sapevo trattenere le risa mentre mangiavo il gelato ed Antonio preso da un momento di stizza diede un pugno sul tavolo, facendo incendiare una scatola di fiammiferi lì vicino.

    Ed adesso passo a raccontare di un’esperienza piacevole con una cagnolina Laica che ci aveva portato Antonio. Sembrava un cane educato in un circo. Era graziosa e furba e sapeva fare un gran numero di mosse aggraziate e molto espressive. Se mangiavamo qualcosa, lei ci metteva le zampine sulle gambe e chiedeva di essere servita.  Se partivamo in bicicletta lei con un balzo raggiungeva il suo seggiolino e veniva con noi. Era anche birichina. Mia moglie non voleva che salisse sul letto, ma lei lo faceva lo stesso, con la complicità di Emilia e si nascondeva sotto alle lenzuola. Quando Emilia rientrava da Bologna lei correva alla corriera ad aspettarla.  Quando ha partorito i suoi cuccioli sembrava ce li volesse far ammirare per sentirci fare i complimenti. I cuccioli poi li abbiamo dati ad alcune famigli amiche del vicinato e Laica ha continuato ad andarli a trovare tutte le mattine. Insomma era un amore di cagnetta.

   Quando abbiamo dovuto assistere alla sua tragica morte è stato per noi un grande dolore. Gli operai stavano smontando alcuni impianti elettrici del caseificio ed avevano gettato nel cortile un rotolo di fili elettrici e metallici. Laica ci è passata sopra ed è rimasta fulminata. Siamo subito corsi in aiuto, ma era già morta.

     Qui finisce il mio racconto. Ora sto per andare in montagna per il periodo estivo. Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere i miei scritti, che comunque sono stati un passatempo per me.

      Leone Sacchi                                   Bologna 06/06/2013

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