giovedì 9 gennaio 2014

I LAVORI DI UNA VOLTA


   Fino a non molto tempo fa l’Italia era un paese agricolo. Intorno al 1920, ove incomincia la mia memoria, la produzione agricola era misera. I contadini lavoravano la terra con pochi attrezzi e con l’aiuto degli animali. La loro vita era misera e piena di sacrifici  sia che lavorassero a mezzadria, sia che fossero proprietari del piccolo appezzamento di terra che lavoravano. Ancora peggiore era la situazione dei braccianti agricoli che, quando andava bene, a mala pena riuscivano a lavorare 200 giorni all’anno. Quelli che proprio non ce la facevano più e che avevano qualche parente o conoscente all’estero prendevano l’amara via dell’emigrazione. Io ricordo ancora alcuni amici dei miei fratelli che emigrarono in Francia  e  non fecero più ritorno.
   In seguito, col passare degli anni, con la caduta del fascismo e grazie alle lotte sindacali ed ai movimenti democratici, le condizioni di vita dei lavoratori  migliorarono sensibilmente. Tutti i lavoratori, chi più e chi meno, hanno avuto la possibilità di abbellire le loro case, di dotarle di tutti i servizi, di avere l’assistenza sanitaria, i servizi scolastici, ecc. Ma questo non ci può far dimenticare il nostro recente passato, così simile al presente di tanti popoli che vivono anche vicino a noi e che proprio in questi giorni si ribellano e pagano col sangue dei loro figli migliori la loro aspirazione alla libertà, al benessere ed alla dignità.
    A Carpi, nel paese in cui io sono nato, c’erano tante piccole fabbriche che producevano il truciolo per fare i cappelli di paglia. Le cosiddette paglie non erano altro che sottili strisce di legno ricavate dai tronchi dei pioppi mediante piallatura. Queste paglie venivano poi intrecciate a mano  a forma di lunghe strisce e poi cucite per fare cappelli ed altri articoli di uso comune. Questi lavori venivano fatti a domicilio dalle donne per arrotondare il bilancio famigliare. La sera, le donne anziane e bambine si riunivano nell’aia o nella stalla, se faceva freddo, e intrecciavano le paglie.           
    I cappelli di paglia di Carpi erano rinomati ed esportati in vari paesi del mondo. Il segreto del successo  è presto detto: la materia prima costava poco e la mano d’opera era sottopagata. Più o meno come succede oggi con i prodotti che importiamo dal terzo mondo.






    Dopo il 1945, finita la guerra il lavoro a domicilio cambiò. Cominciarono a comparire le macchine da cucire e dopo qualche anno anche le macchine da maglieria. In quasi tutte le case le donne presero l’iniziativa di acquistare una macchina a rate, dietro assicurazione di una fornitura continua di lavoro a domicilio, prima per cucire camicie  e successivamente per produrre articoli di maglieria.
    Il lavoro era durissimo perché si aggiungeva al lavoro quotidiano preesistente e per di più, con l’assillo del debito contratto si faceva lavorare la macchina 24 ore su 24. Ma questo lavoro creò benessere, cominciarono a comparire le fabbriche e cominciò anche l’esodo dalle campagne. Questo processo modificò profondamente anche l’agricoltura. Al posto delle stalle contadine con una media di dieci mucche a stalla, si crearono delle fattorie con annessi stalloni con centinaia di mucche e moderni impianti per la lavorazione della terra. Questo sviluppo industriale ha certamente creato benessere per tutti gli strati della popolazione, ma non so quanto possa considerarsi duraturo perché noi abbiamo cervello, ma ci mancano le materie prime e questo potrebbe diventare un ostacolo al nostro sviluppo. Sicuramente fino ad ora noi abbiamo potuto godere di enormi benefici da questa situazione, ma ora siamo di fronte ad una situazione disastrosa che potrebbe anche diventare catastrofica per la nostra economia.
   Spero che prima o poi  il governo, qualche governo, si preoccupi del futuro di questa nostra Italia e degli italiani, compresi quelli che insensatamente continuano ad avere fiducia in Berlusconi.
   Alle giovani generazioni, che maggiormente soffrono il disagio di questa situazione, dedico queste mie righe, per ricordare  le difficoltà del passato ed i lavori di una volta, ma anche le lotte per il lavoro, per il progresso e per i diritti. 


    Leone Sacchi                                        Bologna 20/04/2011

Nessun commento:

Posta un commento