giovedì 9 gennaio 2014

PER NON DIMENTICARE: LA MORTE DEL GIOVANE PARTIGIANO CAMPEDELLI


   Premetto che gli eventi che mi accingo a ricordare non li ho vissuti personalmente e quindi possono non essere esatti in tutti i particolari e quindi sarebbe necessario, ammesso che sia ancora possibile, trovare dei testimoni diretti per ricostruire esattamente gli eventi.
   Mio fratello Alfredo, abitava nel caseificio Tresinaro e conduceva in proprio l’azienda per conto di tutti i fratelli Sacchi.  L’azienda produceva i tipici prodotti lattiero caseari ed allevava suini. Il latte veniva comperato dai produttori a prezzo di mercato. Il caseificio, in posizione molto appartata per quei tempi, si trovava sul confine fra Carpi e Correggio. Era collocato di fianco al fiume Tresinaro in frazione di Quartirolo, sebbene per raggiungerlo si dovesse percorrere un pezzo di strada in frazione di Mandrio. Vi si accedeva da un ponte noto come Ponte di Ferro. 
   La casa, il caseificio, le porcilaie divennero ben presto un centro di organizzazione del movimento partigiano, di cui Alfredo fu il promotore e l’organizzatore.
   In casa sua si era costituito il primo nucleo della resistenza della quale facevano parte i Fancinelli, “Riccio” ed altri di cui ora non ricordo i nomi. Ospite di quella casa fu anche Sandro Cabassi, che vi rimase per tre mesi, prima di andare a Modena, per costituire il Fronte della Gioventù.
   Divenne anche inevitabilmente un punto di richiamo e di aggregazione di giovani renitenti alla leva non sempre o non ancora inquadrati in formazioni partigiane regolari. Si trattava per lo più di figli di contadini che abitavano nelle case vicine e che continuavano la loro vita quasi normale, lavorando di giorno nei campi, magari col fucile a portata di mano, e facendo qualche azione di sabotaggio di notte.
   Nella mattina del 18 Novembre 1944 fu segnalato l’arrivo di un autocarro militare tedesco, che poteva essere diretto a Carpi,  ma forse aveva di mira proprio la base partigiana.
    Alcuni giovani si acquattarono dentro ad una scolina al di là dell’argine sul quale correva la strada, in territorio reggiano, e cominciarono a sparare verso l’autocarro, che  si trovava all’altezza del ponte di ferro. Da lì alcuni cecchini cominciarono a sparare con un fucile di precisione, che noi chiamavamo “tac-pum”, dotato di una gittata lunghissima e colpirono a morte il giovane Campedelli, impedendo agli altri di defilarsi e di sottrarsi al fuoco.
   Intervenne a questo punto un altro giovane del luogo, Guerrino Rossi, detto Guerra, che piazzatosi a ridosso dell’argine con una mitraglia, costrinse i tedeschi alla ritirata, salvando i suoi compagni e consentendo il recupero del cadavere di Campedelli.
    A quel punto cominciò la rappresaglia che però stranamente non si rivolse verso le case più vicine al luogo dal quale era provenuto l’attacco, cioè verso le case del reggiano. I tedeschi e successivamente i fascisti attaccarono tre case poste nella parte modenese, cioè alle loro spalle. Questo mi da adito a pensare che l’obiettivo del comando tedesco  poteva essere proprio la base partigiana.
    Per fortuna Alfredo era fuori casa ed i partigiani e tutti gli uomini  che ancora erano in zona avevano fatto in tempo ad allontanarsi. Rimanevano solo donne e bambini che se la cavarono con grandissimo spavento, allineati contro un muro e sotto la minaccia delle armi.
    Dal caseificio furono portate via tutte le forme di formaggio, i maiali, abiti a suppellettili e tutti i prodotti alimentari, comprese le galline. La stessa sorte subirono le case contigue di Pignatti e di Martinelli ai quali rubarono le vacche e tutte le cose di un certo valore. La razzia durò due giorni e terminò con l’incendio delle tre case. In quella occasione si distinse la figlia del padrone del podere sul quale lavorava la famiglia Gozzi, a poche centinaia di metri dal caseificio. Era fidanzata di un fascista di Correggio, e selezionava le cose di maggior pregio da rubare.
    A guerra finita fu presa dai partigiani, le furono rasati i capelli e fu consegnata a Mammanina per un periodo di rieducazione.
    Va ricordato soprattutto l’altruismo ed il coraggio di quasi tutte le donne del  vicinato che, mentre imperversava la razzia, si prodigarono per salvare il salvabile e riconsegnarlo ai legittimi proprietari. Infine merita di essere ricordato un soldato tedesco che, dileggiato dai suoi, aiutava le nostre donne a salvare le cose più pesanti.
    Il cippo che ricorda il sacrificio del giovane Campedelli si trova ancora sulla strada per Correggio poco dopo il ponte che separa i due comuni.
   Io sono lontano da Carpi ormai da molti anni e potrei non essere molto informato, ma temo che quell’evento sia stato quasi dimenticato. Spero che queste poche righe possano sollecitare qualche partigiano ancora vivente o qualche suo famigliare a completare il quadro di quei tragici eventi.

    Leone Sacchi                                     Bologna 22-1-2012

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