giovedì 9 gennaio 2014

Ricordi del Giro d’Italia di altri tempi


    Nel lontano 1924, allora bambino, facevo il tifo per Girardengo, <<l’omino di Novi Ligure>>.
Il suo rivale, Belloni, passò alla storia del ciclismo come <<l’eterno secondo>>. Fra le tante corse vinte da Girardengo le più note, oltre ai giri d’Italia, furono le tante Milano – Sanremo. Mi pare di ricordare che Girardengo, dopo la sesta ed ultima partecipazione alla corsa, sia stato squalificato per aver vinto, ma percorrendo un tracciato diverso da quello prefissato. Suoi rivali stranieri furono i fratelli Pelissier, francesi. Girardengo vinse anche il Gran  Premio Volber, una gara considerata come il campionato del mondo.
     Un altro grande campione della bicicletta d’altri tempi fu Alfredo Binda, il tre volte campione del mondo e vincitore di numerosi giri d’Italia. La sua superiorità era tale che nessun atleta poteva competere con lui al punto che per ridare interesse al giro d’Italia fu pagato per rimanere a casa. Era un corridore schivo che non faceva sfoggio delle sue vittorie e che, forse per questo, non riuscì mai a creare un grande entusiasmo fra le folle dei tifosi. Il suo nome va comunque iscritto nel libro dei grandi campioni del ciclismo mondiale.
    Più vicini a noi ricordiamo due grandi ciclisti del passato, Bartali e Coppi, la cui attività fu in parte interrotta dalla guerra. Il loro modo di correre e la loro competitività aveva creato un entusiasmo diffuso fra gli italiani che si erano divisi fra i tifosi dell’uno e dell’altro.
    Le corse ai tempi di Girardengo erano più suggestive perché le strade erano più impervie, piene di buchi e di sassi e le montagne molto più dure da scalare. Le forature erano frequenti e l’assistenza scarsa od assente. Dietro alla sella i corridori tenevano copertoni e camere d’aria per ogni evenienza. La velocità a quei tempi credo che raggiungesse poco più dei venti all’ora. Niente di confrontabile con le velocità do oggi, grazie ai miglioramenti delle strade e delle tecnologie delle biciclette.
    Un altro mio ricordo va ad Ottavio Bottecchia che vinse per due volte il giro di Francia. Non ricordo con precisione gli anni in cui vinse. Erano comunque gli anni in cui in Italia imperversava la dittatura fascista e mi sembra di ricordare che si fosse trasferito in Francia per sfuggire alle persecuzioni del regime. Fu trovato morto accanto alla bicicletta lungo la strada su cui si stava allenando. Sembra che sia morto per le botte e le percosse ricevute, forse come tanti altri antifascisti raggiunti dalla violenza fascista in Italia ed in Francia.
    Il ciclismo è sempre stata la mia passione e forse se sono ancora vivo a quasi cent’anni lo devo proprio alla bicicletta. Da giovane avevo comprato una bianchi da corsa con la quale ho avuto uno scontro che mi ha provocato l’atrofia del nervo ottico e , in seguito, la riforma dal servizio militare. Io sono del 13 e quella classe fu falcidiata dalle guerre coloniali e dalla seconda guerra mondiale.
    Io ho partecipato soltanto alla Resistenza e, con un po’ di fortuna, me la sono cavata anche in quelle circostanze.


    Leone Sacchi                                      21/05/2012  

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