Prima dell’inizio
della guerra del 1940, Carpi era un paese in prevalenza agricolo. Sparsi nelle
varie frazioni contava una cinquantina di caseifici, gestiti da cooperative
sociali, per la produzione del formaggio grana parmigiano reggiano.
Il latte veniva
conferito al caseificio direttamente dai contadini. Annesse ai caseifici
c’erano le porcilaie per l’allevamento dei maiali che venivano alimentati
utilizzando lo siero, residuo della lavorazione del formaggio.
Ogni caseificio aveva le cisterne per la
raccolta dei liquami ed una vasca per la
raccolta delle deiezioni solide, che venivano prelevate a turno dai contadini
per concimare la terra.
Ora con l’avvento
delle nuove tecnologie i piccoli caseifici sono scomparsi ed al loro posto sono stati creati dei
megaimpianti per la produzione di centinaia di forme al giorno; al posto delle
piccole stalle a gestione familiare sono stati creati degli stalloni con
migliaia di mucche da latte. Tutto è diventato mastodontico. Anche le porcilaie
oggi allevano migliaia di maiali.
Tutta questa
trasformazione del lavoro agricolo ha ridotto i costi di produzione, ridotto la
quantità di mano d’opera impiegata e liberato i contadini dal compito gravoso
delle gestione degli animali per 365 giorni l’anno. Ma il processo non è
avvenuto senza conseguenze.
In una prima fase
di questo processo di trasformazione le feci dei maiali non venivano più
raccolte, ma venivano lavate con grandi getti d’acqua ed immesse nei fossi circostanti
per poi finire nei fiumi e poi direttamente in mare.
Questo
comportamento oltre all’inquinamento delle acque aveva costretto i contadini ad
un ricorso massiccio ai fertilizzanti chimici. Adesso per riparare ai guasti
prodotti sono stati costruiti i depuratori, ma io non so se ed in che modo le
sostanze prodotte vengano utilizzate.
A Novi di Modena
c’è un caseificio che produce 140 forme al giorno. Se si pensa che per ogni
forma servono cinque quintali di latte, si conclude facilmente che servono 700
quintali di latte al giorno. Vuol dire che di fianco deve esserci uno stallone
con almeno 1750 mucche da latte ed una porcilaia con un numero impensabile di
maiali.
A me sembrano cose
inimmaginabili e continuo a sognare i caseifici nei quali ho lavorato da
giovane: due forme di formaggio al giorno, 25 stalle contadine e cento maiali
da ingrasso.
Certamente le
fatica era maggiore ed i costi più elevati, ma i rapporti fra i vari soggetti della produzione erano
certamente più completi e gratificanti.
Questo vuole
essere il racconto di un vecchi casaro che sogna ancora il formaggio parmigiano
reggiano ed i tempi che furono.
Leone Sacchi
Bologna 23-5-2012
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